Sempre meno spermatozoi e peni sempre più piccoli»: l’ultimo allarme sull’inquinamento (e l’ironia di Greta) risveglieranno le cavie umane?

Gianluca Mercuri

Nicholas Kristof ci aveva già avvertiti più di un mese fa: pezzo in prima pagina sul Nyt, titolo calamita — «Cosa ci sta dicendo lo sperma?» — e attacco fulminante: «Qualcosa di allarmante sta accadendo tra le nostre gambe». Ma ora che l’allarme è condiviso da Greta Thunberg, l’eco sarà certamente maggiore: questione di medium il tweet di un’icona dell’ambientalismo può più del column di un grande giornalista — ma anche di messaggio diretto: «Ci vediamo al prossimo attacco climatico», scrive l’attivista svedese, mettendoci il sorrisetto :) e il link a Sky News con la devastante notizia: «I peni umani si stanno rimpicciolendo a causa dell’inquinamento, avverte una scienziata...».

La scienziata si chiama Shanna Swann ed è un’epidemiologa della riproduzione. Prima ancora delle inquietanti novità fisiologiche sottolineate dall’ironia di Greta — che certamente possono contribuire a risvegliare l’attenzione di una certa parte dell’umanità — aveva cercato di avvertirci con uno studio pubblicato nel 2017, a sua volta meta-analisi di 185 ricerche che hanno coinvolto 42.935 uomini. Era la prova documentata che tra il 1973 e il 2011 la produzione di spermatozoi da parte dei maschi umani è calata del 59%. Dopo qualche titolo spiritoso sullo «Spermaggeddon» e sul rischio di estinzione dell’umanità, non se n’era più parlato. Ora Swann ci riprova con un libro dal titolo Count Down, che è un fantastico gioco di parole trasperm count (spermatozoi) e conto alla rovescia per la specie umana. Il sottotitolo è più esplicativo: «Come il nostro mondo moderno sta minacciando il numero di spermatozoi, alterando lo sviluppo riproduttivo maschile e femminile, e mettendo in pericolo il futuro della razza umana».

Ridotte dimensioni falliche e disfunzioni erettili, o la pubertà precoce nelle ragazze, sono insomma gli effetti collaterali spiacevoli di un problema enorme: il calo di fertilità causato da sostanze chimiche chiamate interferenti endocrini, che, spiega Kristof, «imitano gli ormoni del corpo e quindi ingannano le nostre cellule. Il che è un problema particolare per i feti che si differenziano sessualmente all’inizio della gravidanza. I perturbatori endocrini possono provocare il caos riproduttivo».

A parte il declino numerico, «un numero crescente di spermatozoi appare difettoso — c’è un boom di spermatozoi a due teste — mentre altri si muovono in cerchio senza meta, anziché nuotare furiosamente alla ricerca di un uovo». E i bambini che — ancora feti nel grembo materno — hanno avuto una maggiore esposizione a un tipo di interferente endocrino chiamato ftalati sono quelli che si ritrovano con peni più piccoli.

Non basta: i danni genetici si trasmettono almeno fino alla terza generazione. Fino ai nipoti. Come ha spiegato Swan in un’intervista a The Intercept, «se sei incinta e porti in grembo un maschio, le sostanze chimiche a cui sei esposta possono passare a lui attraverso la placenta. Quindi le cellule germinali che creeranno i suoi figli sono già influenzate. Inoltre quel ragazzo è esposto di nuovo alle sostanze chimiche da adulto. È un modello a due colpi. O, per le generazioni successive, un modello a tre o quattro colpi. Perché c’è il contributo ereditato, e poi il proprio contributo nel corso della vita quando si cresce».

(Questo articolo è tratto dalla newsletter de Corriere «Il Punto - Rassegna stampa» per riceverla potete iscrivervi qui)

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